AgroAmbienteAniene fonda la sua attività di progettazione e pianificazione sulla sostenibilità ambientale e sulla tutela delle risorse naturali. L'approccio alla progettazione e alla pianificazione si colloca, in termini ecologici, su uno specifico livello di organizzazione.
Vista l’ampiezza, la complessità e l’interdisciplinarietà degli argomenti che riguardano i settori in cui la struttura opera, è necessario individuare un livello di azione nel quale sintetizzare e semplificare, per quanto possibile, l’ambito ecologico (inteso in senso allargato e che ricomprende in se le azioni antropiche ed il loro effetto ambientale) in cui si vuole operare. È necessario cioè definire gli ambiti ottimali di intervento a livello sia socio-economico che naturalistico/ambientale.
Con l'obiettivo di mettere in risalto come l'attuazione di un progetto possa arricchire un processo di sviluppo sostenibile contribuendo positivamente alla riorganizzazione ecologica ed economica delle aree marginali mediterranee (come ad esempio quelle montane), dovranno essere valutati gli effetti potenziali dello stesso sul ciclo del carbonio, dell'acqua, dell'azoto e rispetto alla funzionalità ecologica, intesa come continuità di scambio dei flussi di energia e materia, degli ambiti in cui verrà attuato. È necessario a tale fine, definire l'approccio su scala territoriale la cui complessità ecologica è bene definita dal concetto di "Paesaggio Ecologico", inteso come sistema funzionale di una struttura di ecosistemi integrati.
In tale sistema complesso, le risorse agroforestali vanno ricercate e poi analizzate al fine di definire le relazioni ecologiche che tra esse intercorrono, amplificando gli effetti positivi e minimizzando quelli negativi attraverso la pianificazione sulla base di modelli di uso del suolo, o più in generale dell’ambiente e delle sue risorse, che fungano da veri e propri “amplificatori delle funzioni ecologiche positive”; si intendono con questa definizione, tutte quelle funzioni che offrono contributi concreti rispetto ai temi ambientali attuali, con particolare riferimento alla tutela della biodiversità, alla razionalizzazione delle risorse idriche, al cambiamento climatico ed alla conservazione delle aree di grande valore naturalistico come le aree protette.
Con questa terminologia si vogliono indicare quelle funzioni ecologiche dalla cui espressione dipende la sostenibilità delle attività agro-silvo-pastorali (e non solo) praticabili in ambienti rurali marginali. Tali funzioni sono relative ai cicli del carbonio, dell’acqua e dell’azoto in particolare, e assumono valore positivo se contribuiscono all’aumento della biomassa - contribuendo ad aumentare gli stock di carbonio e di azoto sotto forma organica - presente negli ecosistemi agrari oltre che al risparmio e alla razionalizzazione delle risorse idriche. La produttività primaria è senz’altro la più importante perché espressione del bilancio tra sintesi e depauperazione del carbonio e dell’azoto. Nei modelli agro-industriali, monoculturali e intensivi, tale bilancio si attesta su valori estremamente bassi determinando un depauperamento della quantità di sostanza organica (sia del suolo che del sottosuolo) presente negli ecosistemi agrari. A tale depauperamento corrisponde, oltre che un totale riversamento delle riserve di carbonio e di azoto nell’atmosfera, l’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari chimici ottenuti industrialmente (con grande dispendio di energia!), i quali restituiscono al suolo una fertilità limitata e transitoria e che sono necessari perché la tendenza degli input esterni è diametralmente opposta ai flussi naturali di energia e materia. Il modello agro-industrale rappresenta cioè una semplificazione forzata delle tendenze naturali dell’organizzazione trofica e non favorisce, in ultima analisi, le funzioni ecologiche positive.
I modelli estensivi, oltre alla dimostrata insostenibilità ambientale, fondano la loro struttura economica su presupposti non più attuali e si confrontano con insuccesso sul mercato globale determinando instabilità e forti diseconomie nel settore, tanto da dover essere sostenuti da ingenti aiuti economici. I presupposti produttivi di tali modelli, mal si confanno alla struttura territoriale degli ambienti montani, dove essi sono del tutto inefficaci dal punto di vista produttivo, e assolutamente inappropriati dal punto di vista culturale e della conservazione. Per tali ambienti, dove si concentrano le più importanti risorse ambientali del Paese, è necessario ricercare modelli che presuppongano la struttura territoriale e le sue risorse come potenziali amplificatori di funzioni ecologiche positive.
L’ambito ottimale di intervento, come anche indicato dal decreto di orientamento e modernizzazione del settore agricolo, dove viene introdotto il concetto di distretto rurale, è rappresentato da aree omogenee sia dal punto di vista territoriale che dal punto di vista socio economico. Tali ambiti sono ben rappresentati dal paesaggio ecologico, così come descritto in precedenza.
Dal punto di vista strutturale gli elementi che costituiscono un paesaggio ecologico possono essere definiti “corologici” (come i componenti di un coro, partecipano singolarmente ad un risultato complessivo). Tali elementi vengono a delinearsi in funzione della struttura territoriale e delle peculiarità ambientali come l’orografia, l’idrografia, il regime pluviometrico, la natura geologica, ma anche in funzione di eventi storici come l’introduzione di specie vegetali ed animali non endemiche. Essi possono essere considerati come elementi definiti nei quali ricercare, analizzare e valorizzare le risorse agro-ambientali attraverso amplificatori delle funzioni ecologiche positive, definendo un bilancio di quest’ultime su scala di paesaggio ecologico. Tutti quei modelli che applicati ai diversi elementi costitutivi di un paesaggio che amplificano la capacità intrinseca di accumulare CO2, o più in generale che favoriscono processi ecologici sostenibili, possono essere definiti amplificatori di funzioni ecologiche positive.